VINCENZO ALEXANDER CIRILLO, IL VESUVIO DENTRO

Vive la notte. Dorme pochissimo, perchè già pensa al giorno che verrà, rincorrendo un continuo domani, senza mai volgere le spalle al passato. Un giovane uomo che cerca se stesso negli altri. Così mi appare Vincenzo Alexander Cirillo. Uno sguardo inquieto, in bilico sul ponte sospeso tra i sogni e la vita, senza paura. Vincenzo che copre i suoi sentimenti per difenderli, osserva e ascolta; fa politica, ma senza urlare, con autoironia; così come recita senza strafare, portando in scena se stesso. Gli occhiali da sole non lo schermano mai abbastanza, timido davanti al cartoccio di fritturine mangiate distrattamente, già pensando a quale emozione vivere un attimo dopo. Sarà forse questa eterna inquietudine, che lo ha portato da un mondo all’altro in politica, e che lo ha spinto negli States, e poi dall’università al set, e dalla scrivania ancora alla tv, dove Vincenzo Cirillo è per tutti Vincenzo Alexander. Sbircia le domande, vuole iniziare subito, e allora si parte, da quel Vesuvio che sovrasta la sua Trecase, dove per tanti anni è stato consigliere.

Che sensazione ti dà vedere il Vesuvio così da vicino?
Non ho mai visto il Vesuvio come un pericolo; è piuttosto un paesaggio ameno, che mi appare da dove vivo, sulle pendici del vulcano: un'immensa distesa di verde che cambia colore tutto l'anno, e che in determinati periodi ha sfumature che vanno dal verde al giallo della fioritura delle ginestre, o a quel rossiccio tipico dell'autunno.

Eppure omicidi di camorra e abusivismo edilizio caratterizzano l'hinterland vesuviano. Si può sperare di raggiungere una normalità?
Credo che la speranza di una normalità ci sia sempre. E i tempi sono cambiati. Viene sparso meno sangue, grazie alle nuove generazioni, che stanno cambiando le cose, e che piuttosto che lanciarsi nel buio di una strada senza ritorno, preferiscono lavori umili, ma onesti. Noto oggi una grande voglia di rinascere, di prendersi responsabilità.

Vincenzo sorride, aspetta la pizza, e mi racconta di una serie sul ballo, che sta finendo di girare. Presto sarà a Istanbul per un'altra lavorazione. E poi c'è il Sogno Americano...

Dovessi proprio scegliere, tra il mare di Napoli e gli Stati Uniti?
Ah, sono molto combattuto! Io con il Sogno Americano ci sono nato. Siamo sullo stesso parallelo: a Napoli siamo americani d'oltreoceano, mentre i newyorkesi sembrano napoletani tra i grattacieli.

Quando hai capito che potevi fare cinema?
Sono stati gli altri, anche le persone incontrate per caso, a farmelo capire: negli ultimi tempi soprattutto da Facebook sono nati contatti, facendomi riscoprire una passione sopita. Tutto è cominciato per caso, quando da universitario, molti anni fa, nei pressi della Rai di Napoli, a via Marconi, il produttore della Grundy mi fermò mentre ero con un mio collega. Ci disse che stava partendo una soap, e ci chiese di portare le nostre foto, per partecipare a un provino.

E così è iniziata la tua avventura in "Un posto al sole". Com'è vivere dentro una soap?
Per un ragazzo di poco più di diciotto anni, con poca esperienza sul campo, era bello. Potevo guadagnare i primi soldi, e trovarmi dall'altro lato della tv: la cosa più strana, ricordo, fu scoprire che Villa Palladini era in realtà ricreata tra le pareti di uno studio di posa. E poi lì ho incontrato Patrizio Rispo, una persona stupenda, un uomo che non è così diverso dal suo personaggio, mentre Maurizio Ajello era invece un po' più sulle sue.

Dicevamo che sogni di portare in scena una storia d'amicizia...
Sono sempre stato vocato all'amicizia. Penso che un vero amico sia una ricchezza inestimabile. Sai, ci sono cose con le quali non ci si può confrontare in famiglia; per questo ci sono gli amici veri, quelli che ti ascoltano, ti consigliano, ti sono complici e vicini, nei momenti di reale bisogno. E' vero, sogno di portare in scena una storia che mi è capitato di leggere, di grande e tormentata amicizia, "L'amico ritrovato" di Fred Uhlman.

Difficile inoltrarsi sul sentiero accidentato della politica, in piena campagna elettorale, specie se con il cuore a sinistra si intervista un candidato di destra. Ma basta mettersi in ascolto, e cercare di rispettare la giusta distanza dalle proprie opinioni.

Un giovane può credere oggi in una politica senza compropmessi?
Io ci credo, la mia lo è. Certo, è una politica più difficile, lenta, che fa venir fuori meno velocemente di un'attività fatta compromettendosi; e però questa scelta ti rende più forte, consapevole, preparato. Ho subito parechie angherie, anche da chi diceva di credere in me. Eppure quindici anni di politica con il Centrosinistra mi hanno fatto capire che non esiste ancora uno spazio vero per i giovani che come me fanno politica per passione, e non perchè eredi di qualcuno.

La vena polemica nasconde molta amarezza, e anche il timore che la scelta essere poco capita. La domanda successiva è inevitabile.

Avresti mai pensato di passare con i tuoi vecchi avversari politici del Centrodestra?
Prima, mai, ma poi Walter Veltroni mi ha convinto dell'esatto contrario. La mia opinione è che il PD sia il contenitore di una classe politica vuota, tracotante e autoreferenziale. A trentatrè anni, consigliere comunale a Trecase, già alla quarta consiliatura, pur essendo stato ancora il più votato alle scorse elezioni, sono stato messo da parte a favore di candidati di dubbia qualità, senza esperienza sul territorio.

La polemica si infiamma, ma visto che dirsi di destra o di sinistra significa condividere politiche opposte, ci viene una curiosità.

C'è un tema caldo, quello dei respingimenti dei migranti. Lo appoggi, come provvedimento? Che faresti, se fossi al Governo?
Sono prevalentemente per la solidarietà e l'accoglienza. Noi italiani siamo da sempre un popolo ospitale. Certo, inserirei delle regole piùà rigide a tutela della convivenza, magari utilizzando in certi casi il rimpatrio, ma la prima regola resta accogliere, cristianamente. Respingere significa mettere in pericolo delle vite.

Vincenzo non recita. Ci crede, e ragiona fuori dalle logiche di partito. Chissà come si stava dall'altra parte, quando il Grande Capo era Il Nemico, e così glielo chiediamo.

Cosa pensavi di Berlusconi quando eri suo avversario e cosa ne pensi invece oggi?
Prima ero diffidente. Diffidavo di tanta sicurezza, dei suoi eccessi: temevo fosse un inconcludente. Adesso trovo sia una persona coerente, che con i fatti ha risolto problemi effettivi: l'immondizia a Napoli, le proposte del Piano Casa, che potrebbero essere un motore per la ripresa; è uno che sta mantenendo nei tempi le promesse. So che con coerenza ci condurrà per molti anni, salvandoci da un individuo nefasto come Veltroni. Anzi, per questo gli ho pure dedicato un gruppo su Facebook: "Noi, salvati da Berlusconi". Ho avuto 1000 adesioni in tre giorni, sai?

Non siamo d'accordo, ma visto che il blog non censura e lascia spazio alle opinioni, sorridiamo e andiamo avanti, scegliendo di uscire dal contesto politico.

Che idea di felicità hai della tua vita?
La immagino fatta di successi lavorativi, senza mai dimenticare che la forza che mi spinge a raggiungere ogni obiettivo sono la mia compagna e mio figlio. Lei mi è complice, nella scelte di vita, anche se a volte le subisce un po'. E' un tipo autonomo, indipendente. Ci consigliamo insieme, ma fa un lavoro diverso dal mio, slegato dalla comunicazione, più concreto.

E l'inquietudine di Vincenzo si calma. Gli occhi si bloccano verso l'orizzonte, pensando alla donna che ama.